La quinta colonna. Avventure dei registi italiani in Brasile.

Forse non tutti sanno che una buona parte della cosiddetta “generazione dei registi”, i primi formatosi in Italia con quel ruolo per il teatro ed il cinema (Adolfo Celi, Ruggero Jacobbi, Luciano Salce, Flaminio Bollini, Dino Risi, Fabio Carpi, Alberto d’Aversa) oltre a tre grandissimi scenografi (Gianni Ratto, Tullio Costa, Aldo Calvo) sono emigrati in Brasile nel secondo dopoguerra conquistando subito un ruolo da protagonisti della scena moderna di quel paese.
Eppure, l’azione pratico-critica di quel gruppo compatto, pur nella diversità delle vocazioni e delle posizioni estetiche, di giovanissimi uomini di teatro immigrati, da un’Italia in ricostruzione su basi associative, nel mercato latino-americano dello show-business (un business incipiente ma giá di massa) fu un’avventura sperimentale altamente significativa per la generazione d’origine e di notevole incidenza sulla storia dello spettacolo brasiliano. L’episodio – che all’epoca i coetanei rimasti in patria celebravano come la “quinta colonna” della missione dei giovani registi alla conquista non solo dei palcoscenici italiani ma anche degli avamposti transoceanici – offre un punto di vista privilegiato all’analisi sociologica dei processi transculturali cioè quelli mossi da persone che viaggiano e idee che si incrociano alla confluenza delle latitudini. Per questo ho dedicato al tema un libro, pubblicato recentemente in Brasile con appoggio dell´Università in cui insegno che ha finanziato la ricerca, dell´Istituto Italiano di Cultura (SP), degli enti di ricerca e con notevole ripercussione su riviste specializzate. Il libro si chiama A missão italiana. Histórias de uma geração de diretores no teatro brasileiro. São Paulo: Perspectiva, 2014. 324 pg.
Nel libro ho scelto di mettere in scena le grandi intuizioni dell’avventura dei registi italiani in Brasile, le opportunità e le invenzioni sprecate, l’eredità della missione e gli alibi per non averla interamente realizzata, a partire da un gigantesco “baule della memoria” di materiali inediti: lettere, diari, ritagli, conferenze, interviste, piani di regia e appunti per romanzi e racconti conservati in archivi pubblici brasiliani e anche in Italia, negli archivi personali che rientrarono con i protagonisti. La narrazione di tali fonti, avventurosa e piena di piccole sorprese, fa fluire in modo leggibile e divertente l’analisi storico-critica della migrazione dell’idea tutta italiana della “scena di regia” dall’altra parte dell’oceano. 

Alessandra Vannucci